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Homo Naledi

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La recente scoperta dell’Homo Naledi aggiunge un tassello fondamentale alla ricerca mondiale sulla specie umana ed i suoi antenati. Un ritrovamento che potrebbe far riscrivere la storia dell’intera evoluzione dell’uomo sulla Terra.

Alto un metro e mezzo, caratteristiche tra uomo moderno e scimmie, l’Homo Naledi è tra i gli antenati più antichi secondo gli scienziati. Il ritrovamento dei resti di questa nuova specie di ominide primitivo è avvenuto in una grotta del Sud Africa vicino Johannesburg. Gli oltre 1500 reperti ossei venuti alla luce, appartenenti probabilmente a quindici individui, hanno permesso agli studiosi di ricostruire l’aspetto dell’uomo di Naledi. Metà scimmia, metà uomo, pesante circa 45 chilogrammi e con un cervello non più grande di un’arancia. Come testimoniano le dita curve delle sue mani, sapeva arrampicarsi, e le lunghe gambe dimostrano che sapeva anche camminare e correre. L’età dell’Homo Naledi è uno dei principali nodi da sciogliere. Al momento si sostiene che dovrebbe avere un’età di 3 milioni di anni.

L’eccezionale scoperta dell’Homo Naledi è la notizia scientifica del momento ma pone molte domande ai paleontologi e solleva molti dubbi. Ad esempio il contesto in cui sono stati ritrovati i fossili fa emergere un aspetto straordinario: come sono finiti gli scheletri in quella grotta? Le ipotesi per il momento sostengono che non possono essere stati portati lì da animali predatori. L’Homo Naledi forse seppelliva i suoi morti e la sepoltura finora era considerata una pratica iniziata con l’essere umano moderno.

Per rispondere a queste domande ci vorranno decenni. Ovviamente ulteriori studi andranno a definire meglio la storia di questa nuova specie che arricchisce le caselle mancanti della lunga evoluzione che dai primi mammiferi ha portato all’Homo sapiens. La scienza d’altronde è sempre in continua evoluzione e sono tante le pagine ancora da scrivere per comprendere più a fondo cosa siamo stati in passato.










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