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Le biofattorie: cosa sono?

IMG_2847Le biofattorie o fattorie biologiche sono delle aziende agricole, molto spesso a conduzione familiare, che sorgono in campagna. Sono definite “biologiche” perché hanno un impatto zero sull’ambiente: non utilizzano OGM, pesticidi ed additivi chimici (dannosi non solo per l’ambiente, anche per la salute dell’uomo) e gli animali (nativi del territorio) vengono allevati all’aria aperta, liberi di pascolare nella natura e vengono nutriti con il foraggio autoprodotto dalla fattoria, senza la somministrazione di nessuna sostanza sintetica che ne acceleri la crescita.

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Queste biofattorie, oltre ad escludere totalmente l’uso di prodotti chimici di sintesi, rispettano i cicli stagionali delle coltivazioni e i ritmi di crescita degli animali; vietano il trapianto degli embrioni e l’uso di ormoni per regolare l’ovulazione; trasportano e abbattono il bestiame in modo da affaticare il meno possibile gli animali, senza brutalità e senza l’uso di calmanti chimici che poi rimarrebbero nella carne; minimizzano l’impatto dell’uomo sull’ambiente tramite il rispetto della biodiversità, delle risorse naturali e del benessere degli animali allevati.

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Non solo. Per i bambini, le fattorie biologiche, sono divertenti ed istruttive, poiché hanno laboratori dove essi imparano a fare il formaggio e il pane, a cavalcare un cavallo o a mungere una mucca; infatti queste fattorie ospitano scolaresche e famiglie.

In Italia la diffusione della fattoria biologica è abbastanza recente; in generale, le prime fattorie europee sono nate già all’inizio del Novecento. La prima è nata in Scandinavia, con il nome di “Aktivspielplätze” (parchi giochi attivi), per il bisogno di creare dei luoghi d’incontro con gli animali.

Nei Paesi Bassi le fattorie biologiche vengono sostenute da una Fondazione Nazionale, dai Ministeri dell’Agricoltura e degli Affari Culturali e da numerosi sponsor. In Inghilterra, sono chiamate “City Farms” e sono un po’ differenti, poiché si sviluppano come soluzioni di recupero di luoghi abbandonati.










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